Non si può iniziare un blog dal titolo “Psicologia del sorriso” senza dire qualcosa sul protagonista indiscusso del nostro scrivere: il SORRISO.
Il termine deriva dal latino «sub-ridere» e suggerisce l'idea di un riso a bassa intensità e secondo la definizione data dal Vocabolario della lingua italiana per sorriso si intende un “riso attenuato e silenzioso, espressione di sentimenti e reazioni varie.”. Questa definizione è contemporaneamente vaga e complessa, in quanto accenna alla dimensione espressiva e psicologica dell’atto, senza approfondirne i vari aspetti. Riteniamo così utile presentare brevemente quei fattori che ci permettono di tracciare una panoramica generale del sorridere.
Dal punto di vista fisiologico si produce stirando la bocca (grazie al muscolo zigomatico maggiore), inarcando le labbra ed eventualmente mostrando i denti. La bocca riveste sicuramente il focus primario dell’espressione facciale del sorriso, ma un ruolo fondamentale è giocato anche dagli occhi: se il muscolo orbicularis oculi (che circonda l’occhio) non si attiva il sorriso non apparirà felice e sincero, solo l’azione dello stringere e corrugare l’occhio può darci prova della sua sincerità. Mentre tirare la bocca è un’azione diretta e volontaria increspare gli occhi è un riflesso involontario e inconsapevole, guidato dalla reale emozione che stiamo vivendo.
Il sorriso, quindi, dà voce, anzi, dà forma ad un’emozione, ossia è la reazione ad uno stimolo, interno o esterno che sia, è un messaggio non verbale che permette alle persone di stabilire universalmente un contatto tendenzialmente amichevole. Può così manifestare felicità, serenità, benessere o apertura nei confronti dell’altro, ma anche sarcasmo, compatimento o imbarazzo. Notiamo come esistano diverse forme del sorridere e diverse motivazioni che spingono le persone a farlo: si può sorridere per manifestare comprensione e empatia nei confronti dell’altro, ma anche per accondiscendenza o semplicemente per mascherare ciò che si pensa realmente ma non si vuole dire. Si capisce fin da subito come questa semplice espressione svolga due ruoli fondamentali nella nostra vita: è indice della presenza di uno stato emotivo ed è uno strumento di comunicazione per rapportarsi con gli altri.
In conclusione, dal punto di vista culturale la parola “sorriso” non può che essere universale. Gli Inglesi dicono “smile”, i Russi “улыбка”, i Finlandesi “Hymyillä” e gli Olandesi “Lachten”, ma una tale universalità di segni non coincide sempre ad una corrispondenza di significati: lo stesso termine, anche se è globalmente traducibile con la parola “sorriso”, non è usato con le stesse accezioni in ogni situazione e in ogni ambiente culturale. Trattandosi di un atto sociale è caratterizzato dalle varie tradizioni e regole tipiche della società nella quale esso viene agito, ad esempio la cultura cinese associa quasi sempre il sorriso all’imbarazzo.
Questa è solo una piccola introduzione: il tema del sorriso che ci accompagnerà durante tutta quest’avventura è pieno di sfaccettature interessanti da scoprire!
Il termine deriva dal latino «sub-ridere» e suggerisce l'idea di un riso a bassa intensità e secondo la definizione data dal Vocabolario della lingua italiana per sorriso si intende un “riso attenuato e silenzioso, espressione di sentimenti e reazioni varie.”. Questa definizione è contemporaneamente vaga e complessa, in quanto accenna alla dimensione espressiva e psicologica dell’atto, senza approfondirne i vari aspetti. Riteniamo così utile presentare brevemente quei fattori che ci permettono di tracciare una panoramica generale del sorridere.
Dal punto di vista fisiologico si produce stirando la bocca (grazie al muscolo zigomatico maggiore), inarcando le labbra ed eventualmente mostrando i denti. La bocca riveste sicuramente il focus primario dell’espressione facciale del sorriso, ma un ruolo fondamentale è giocato anche dagli occhi: se il muscolo orbicularis oculi (che circonda l’occhio) non si attiva il sorriso non apparirà felice e sincero, solo l’azione dello stringere e corrugare l’occhio può darci prova della sua sincerità. Mentre tirare la bocca è un’azione diretta e volontaria increspare gli occhi è un riflesso involontario e inconsapevole, guidato dalla reale emozione che stiamo vivendo.
Il sorriso, quindi, dà voce, anzi, dà forma ad un’emozione, ossia è la reazione ad uno stimolo, interno o esterno che sia, è un messaggio non verbale che permette alle persone di stabilire universalmente un contatto tendenzialmente amichevole. Può così manifestare felicità, serenità, benessere o apertura nei confronti dell’altro, ma anche sarcasmo, compatimento o imbarazzo. Notiamo come esistano diverse forme del sorridere e diverse motivazioni che spingono le persone a farlo: si può sorridere per manifestare comprensione e empatia nei confronti dell’altro, ma anche per accondiscendenza o semplicemente per mascherare ciò che si pensa realmente ma non si vuole dire. Si capisce fin da subito come questa semplice espressione svolga due ruoli fondamentali nella nostra vita: è indice della presenza di uno stato emotivo ed è uno strumento di comunicazione per rapportarsi con gli altri.
In conclusione, dal punto di vista culturale la parola “sorriso” non può che essere universale. Gli Inglesi dicono “smile”, i Russi “улыбка”, i Finlandesi “Hymyillä” e gli Olandesi “Lachten”, ma una tale universalità di segni non coincide sempre ad una corrispondenza di significati: lo stesso termine, anche se è globalmente traducibile con la parola “sorriso”, non è usato con le stesse accezioni in ogni situazione e in ogni ambiente culturale. Trattandosi di un atto sociale è caratterizzato dalle varie tradizioni e regole tipiche della società nella quale esso viene agito, ad esempio la cultura cinese associa quasi sempre il sorriso all’imbarazzo.
Questa è solo una piccola introduzione: il tema del sorriso che ci accompagnerà durante tutta quest’avventura è pieno di sfaccettature interessanti da scoprire!
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